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mercoledì 14 marzo 2018

Recensione Narrativa: HORROR, Storie di Sangue, Spiriti e Segreti - di Dario Argento.



Autore: Dario Argento.
Anno: 2018.
Genere: Antologia Thriller/Horror.
Editore: Mondadori.
Pagine: 160.
Prezzo: 17,00 euro.

A cura di Matteo Mancini.
Dopo volumi quali Profondo Thrilling (1975) e Terrore Profondo (1997) ispirati dai film diretti da Dario Argento ridotti in racconti da autori vari (Cozzi, Nicola Lombardi, Tentori e altri), nel 2018 arriva il debutto in narrativa, a settantasette anni suonati, di Dario Argento, il più grande regista horror e thriller italiano. Ormai risucchiato da anni in un maelstrom che lo ha portato a dirigere pellicole sempre meno apprezzate (si pensi ai flop dei vari Il Cartaio, Giallo, La Terza Madre e Dracula 3D), il "grande maestro" romano, probabilmente convinto dalle offerte della Mondadori, tenta, come fatto a suo tempo dal "rivale storico" Lucio Fulci (Le Lune Nere), di rilanciarsi prendendo la strada della narrativa breve. Uscito il sei marzo scorso, con presentazione presso gli Uffizi di Firenze, questo Horror - Storie di Sangue, Spiriti e Segreti si può definire un progetto riuscito a metà. Supportato da Pamela Ferlin, Argento propone al suo pubblico sei racconti brevi, dalle dodici alle quarantadue pagine, sospesi tra il thriller truce e l'horror gotico, non lesinando il grand guignol.
Colpisce subito lo stile dello scrittore, coinvolgente dal primo all'ultimo rigo, e la capacità di toccare le corde emotive del lettore grazie a un'innegabile capacità di costruire visioni oniriche a tratti claustrofobiche. Se questo è sicuramente vero, c'è tuttavia da evidenziare come i soggetti proposti siano poco originali e tutti funzionali a inquietare il lettore piuttosto che a trasmettere un dato messaggio in chiave artistica o a prendere le vie esoteriche.
Argento sembra privilegiare dei vari sottogeneri la ghost story, tanto che dei sei racconti almeno quattro sono ascrivibili a questo genere, di cui due da ritenersi ghost stories pure.

L'antologia si apre con Notte agli Uffizi un racconto che è nato da una costola del film La Sindrome di Stendhal (1996) da cui mutua l'idea che da il titolo al film. Argento, che è il protagonista del racconto e che sostiene di essersi ispirato a un fatto a lui veramente accaduto durante una camminata notturna all'interno degli Uffizi, parla del potere che le opere d'arte sono in grado di esercitare sul pubblico e di come questo possa esserne influenzato fino a subire degli sconvolgimenti emotivi (ivi compresi svenimenti). Il testo scorre molto bene e suscita emozioni anche in chi legge. Argento, rimasto solo all'interno del museo, viene oppresso dai soggetti dei quadri che prendon a vivere e a sussurrargli parole proprio come in un incubo notturno da cui non è possibile svegliarsi. Dapprima giocato sul versante psicologico il testo sconfina presto nel grandguignolesco che raggiunge l'apice quando il regista si trova al cospetto della Medusa raffigurata da Caravaggio. Niente di originale, ma ben raccontato e di effetto.
Possiamo definire un gemello di questo racconto il più elaborato Villa Palagonia, in cui il protagonista si perde all'interno della "Villa dei Mostri", a Palermo, durante un'escursione guidata. Argento da spazio a tutta la sua passione per l'arte e l'architettura onirica, plasmando un vero labirinto che parte dalla "sala degli specchi" e conduce negli scantinati della villa in un passaggio tra realtà e mondo fantastico in cui tornano a vivere i fantasmi e dove le mura assumono sembianze di fiere pronte a sbranare l'ignaro viandante. Un horror dal retrogusto gotico, un po' casa degli orrori, ben gestito e calibrato, che regala dei momenti barkeriani assai gustosi ma si perde in un epilogo non all'altezza del resto del racconto.
E' un gotico puro invece Alchimie Macabre al Castello di Gilles in cui Dario Argento offre la propria reinterpretazione delle follie messe in atto nel proprio castello da Gilles de Rais e dal suo alchimista intento a creare l'elisir di lunga vita. Anche qua grande gestione del testo, con momenti toccanti in uno scantinato in cui, tra topi, deiezioni e cibo decomposto, sono segregati tutta una serie di bambini prossimi a esser sacrificati prima ai piaceri perversi del barone e poi alle torture del mago dello stesso. Racconto più drammatico che horror, con Argento che colpisce nello stomaco il lettore agendo soprattutto sui bambini. Tremendo, ma al contempo reale (quello che viene narrato è successo davvero).
Punti in comune al racconto di De Rais sono racchiusi ne Le Segrete di Merano, probabilmente il racconto più riuscito del testo, in cui un tredicenne romano viene spedito in vacanza estiva a Merano da una zia. Qua perderà la sua innocenza, passando dall'infanzia all'adolescenza. Se vogliamo si tratta di un perverso racconto di formazione alla Dario Argento, con un bambino che scopre il sesso e ne è un po' impaurito e un po' attratto. Testo dunque coraggioso anche se con alcuni momenti gratuiti che prendono la via della pedofilia. Argento caratterizza la zia del giovane con tutti gli stereotipi del tipico altoadesino di lingua tedesca, austero e poco loquace, per dar vita a una storia che cresce alla distanza in un intreccio giallo che finisce per unirsi a satanismo e ghost story con marcate punte di erotismo malato. Da lodare, ancora una volta, la gestione del testo con una tensione crescente e centellinata. Niente di nuovo, ma ben raccontato. E' il testo più perverso dell'antologia.
Di livello inferiore, a mio avviso, gli altri due racconti che comunque riescono a intrattenere. Rosso Porpora alla Biblioteca Angelica è un giallo alla Dario Argento. Un professore scambia per errore il proprio cellulare con quello di un uomo che viene assassinato poco dopo. Lo scambio di cellulare porta l'assassino a temere di esser individuato dal professore e parte così una caccia per Roma, col secondo che viene costantemente braccato da un sicario che spara con la pistola e ricorre a coltelli. Tensione assicurata, gestione del testo buona, ma finale fracassone e confusionario. Non mancano punte splatter.
L'antologia si chiude con Demoni a Singapore, il testo più lungo, un'opera che non sembra neppure di Dario Argento. Il regista romano trae ispirazione dai massacri messi in atto dagli integralisti islamici per plasmare una vera e propria mattanza (mai letto un racconto con tanti morti) messa in atto da un commando musulmano in una zona turistica. Il racconto è un distillato di azione, tra smitragliate, esplosioni e squarciamenti vari. Ettolitri di sangue, personaggi messi in scena per esser mandati al macello con un background fantastico caratterizzato da uno spirito che emerge da una sorta di tempio della giungla per impossessarsi dei varani e scagliarli all'attacco dei terroristi e delle squadre speciali mandate dal governo per arginare l'assalto. Esercizio di stile, con strizzatine d'occhio alla tematica snuff movie, se vogliamo di massa, con un committente che ha fatto posizionare sui caschetti di alcuni terroristi delle telecamere con cui riprendere il massacro per poi rivedere il tutto sul mercato clandestino. Finale arzigogolato tra azione, fantastico e spy story. Chissà se Argento si sia ispirato all'assalto dei marines nel bunker di Bin Laden.

Che dire a fine lettura? Si tratta di un volume che, al di là del valore, deve essere comprato da ogni fan di Dario Argento per completezza e che ha il pregio di esser scritto bene e in modo coinvolgente. Le storie, pur se poco originali, prendono e inducono a esser lette. Mancano, purtroppo, i colpi di genio e una vera ispirazione. Si ha più l'impressione che Argento si sia misurato con la scrittura senza sentirne un vero spunto autoriale. Per fare un parallelo con l'antologia di Fulci, si può dire che Argento dimostra di avere ampie doti da scrittore fantastico, per tecnica e gusto, ma è meno ispirato rispetto al suo illustre collega che tuttavia supera in mestiere e tecnica. Spero tuttavia che Argento insista in questa sua nuova attività, perché la tecnica è quella buona.
Quanto alla confezione direi che è all'altezza della situazione, ma eccessivamente cara. 17 euro per 160 pagine griffate Mondadori non sono poche. Manca inoltre un'introduzione, non ci sono interviste che spieghino i processi formativi dei racconti né altro che possa rendere più appetitoso il volume che, di fatto, è caratterizzato da una pagina di prefazione e dai soli racconti.
Si fa notare l'indicazione della frase lancio di Guillermo Del Toro, fresco premiato con l'Oscar, stampata in copertina: "Dario Argento è un Dio, il mio!"

La stella del cinema horror italiano
DARIO ARGENTO (a sx) in compagnia
del direttore degli Uffizi.

"Fin da quando ero ragazzino, guardare un dipinto ha significato per me l'inizio di un viaggio in una dimensione parallela in cui i confini del reale si confondono con il sogno, creando una realtà altra dove spazio e tempo si staccano dal contingente."

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